Ora dico io, ma quante cose strane succedono in questo mondo?
Un paio di giorni addietro, ritornato a casa dopo 8 ore di lezione e con una fame pazzesca in corpo, sistemata alla buonora una quantità indecifrata di cibo sul tavolo, ho iniziato a mangiare. Con un’abitudine che mi è propria ho anche acceso la televisione: telegiornale pomeridiano di Rai Due, ore 18.30. Servizio di apertura, conferenza stampa dell’ (ex) ministro delle attività produttive, l’imperiese Scajola. Seduto, davanti ad una ampia scrivania, nella sala del ministero di via Vittorio Veneto destinata alle comunicazioni con i media, Scajola parla ed io sempre più perplesso ascolto. Non riesco a credere alle mie orecchie, rimango attonito: chissà, magari il calo possente di glucosio ha vanificato le mie capacità di comprensione. Non capisco bene. Finisco di mangiare, mi dedico alla mia solita dormita pomeridiana (quel giorno quasi pre serale) ed una volta sveglio accendo il pc. La Repubblica on line: vabbè giornale di sinistra antiberlusconiano, non fa fede. Il Corriere della sera, testata da sempre ritenuta super partes: lo stesso. Il Sole 24 Ore: idem. Rimango con il mio dilemma ed i miei patemi: “oggi sarò particolarmente rincoglionito, meglio rimandare ogni valutazione al giorno venturo”. L’indomani, cerco di dare soddisfazione alla mia lacuna di comprensione rivolgendomi direttamente al sito del Pdl. Riporto in via integrale, il passo del comunicato di Scajola che più mi ha tratto in dubbio:
“Questa campagna mediatica che non dà respiro, che non dà tregua, deve darmi la possibilità di poter capire. Io una cosa l'ho capita: un ministro non può sospettare di abitare in una casa pagata in parte da altri. Se dovessi acclarare che la mia abitazione nella quale vivo a Roma fosse stata pagata da altri, senza saperne io il motivo, il tornaconto e l'interesse, i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per l'annullamento del contratto di compravendita. Non potrei come ministro della Repubblica abitare in una appartamento in parte pagato da altri".
Senza entrare nel merito giudiziario della questione, dico io, quante cose strane che succedono nella vita! Di notizie strampalate, racimolate qua e la sulle pagine del servizio news di windows live messanger e di yahoo ne ho lette. Ma di queste proporzioni e per giunta comunicate da un Ministro della Repubblica Italiana, mai ! Perché se fosse stato un furbettino, un ladruncolo qualsiasi, un rampante faccendiere di quelli che così a bizzeffe se ne incontrano nelle città e nella provincia italiana, poteva anche andare bene: trovato con le mani in pasta, cerca di divincolarsi additando scusanti a dir poco sgangherate. Ma un Ministro in carica e per lo più dei più quotati, questo no, non posso crederlo. Perché io, come molti altri italiani, ho in dote una certa componente di creduloneria, che abbinata ad una spiccata immaginazione, porta ad immedesimarmi in possibili analoghe situazioni. Del tipo: vado in banca per pagare le tasse universitarie, ma scopro che un ignoto benefattore ha già contribuito alla loro estinzione per più del 50%. Faccio la fila al supermercato e giunto alla cassa, passati tutti i prodotti sul pos, la cassiera mi comunica il totale della spesa: mi sembra di non aver capito bene e le chiedo nuovamente l’importo. Lei risponde sempre con la stessa cifra. Penso io, ma è mai possibile? Nemmeno al Lidl riesco a comprare tanto a così poco prezzo. Le passo la carta e lei (la cassiera), gentilmente mi comunica il contributo del già citato benefattore (ma sarà lo stesso?).
Distolto dal mio immaginifico sognare, ritornato con i piedi per terra, penso alle massime soddisfazioni in tema di contributi monetari non attesi, che la sorte mi abbia mai concesso. Dopo mesi, all’inizio dell’inverno indossare un giubbotto e dopo qualche istante, tastando qualcosa di cartaceo nelle tasche rinvenire 5 euro. Ecco, questo è tutto, questo è quanto nel migliore dei casi mi sia successo. Però non demordo, certamente ad altri possono accadere fortune di ben maggiori dimensioni: non voglio di certo arrogarmi la velleità di rappresentare tutti i possibili stati del mondo! E poi, a volerla dire tutta, io non sono mica un ministro! Chissà magari da ministro casi del genere finiscono per accadere veramente e con frequenza maggiore. Chissà…
p.s : ma dico io, signor Ministro, ma una motivazione migliore per la sua dimissione, non poteva almeno trovarla?
sabato 8 maggio 2010
venerdì 30 aprile 2010
Il tempo: degli starnuti e non solo.
Il tempo manca. Il tempo passa. Il tempo muta. Il tempo è atmosferico. Il tempo è cronologico.
Il tempo è la primavera che arriva. Il tempo è la mia spossatezza pomeridiana: il tempo sono le ore di sonno sotto l’effetto quasi barbiturico dell’antistaminico. In un lasso che lo circoscrive il tempo conta il numero dei miei starnuti: pollini inclementi che l’anno passato (il primo in terra parmigiana) sembravano avermi quasi risparmiato e che adesso tornano con rinnovato vigore. Ed ecco che anche l’allergia misura il tempo: maggiore è il tempo trascorso in un certo luogo, maggiore la probabilità che finisca per sensibilizzarmi a qualche indigeno allergene.
Il tempo come unità di misura dello studio ( quest’ultimo inteso come attività simil accademica): quante ore di lezione, quante di applicazione su un testo, quanti i giorni dall’esame, quanti giorni tra un esame e l’altro, quanto tempo separa dalla fine della sessione.
Il tempo misura la mia forma fisica. Il numero di piegamenti sulle braccia, la sequenza di crunch in un lasso di tempo, quanto tempo in bici quanto a piedi per coprire una distanza: quanto dannato tempo trascorso su una sedia ad accumulare adipe su adipe sui miei fianchi. Ma il tempo, per converso, misura anche la distanza dal giorno in cui sarò libero di staccarmi dal mio rosso scranno dotato di ruote e manovella, per librarmi in sezioni di tempo (sempre lui, ovunque lui, onnipresente tempo) dedicate al salinico sudore ed alla abnegazione fisica, nella speranza di limare dal mio ventre i chili in eccesso.
Ultimamente, sempre più spesso mi ritrovo a pensare al tempo. Ed è proprio nelle partizioni di tempo in cui tutto volge progressivamente al nuovo, nell’imminenza (non troppo prospiciente) di un cambiamento, che finisco per pensare al tempo…
Il tempo è la primavera che arriva. Il tempo è la mia spossatezza pomeridiana: il tempo sono le ore di sonno sotto l’effetto quasi barbiturico dell’antistaminico. In un lasso che lo circoscrive il tempo conta il numero dei miei starnuti: pollini inclementi che l’anno passato (il primo in terra parmigiana) sembravano avermi quasi risparmiato e che adesso tornano con rinnovato vigore. Ed ecco che anche l’allergia misura il tempo: maggiore è il tempo trascorso in un certo luogo, maggiore la probabilità che finisca per sensibilizzarmi a qualche indigeno allergene.
Il tempo come unità di misura dello studio ( quest’ultimo inteso come attività simil accademica): quante ore di lezione, quante di applicazione su un testo, quanti i giorni dall’esame, quanti giorni tra un esame e l’altro, quanto tempo separa dalla fine della sessione.
Il tempo misura la mia forma fisica. Il numero di piegamenti sulle braccia, la sequenza di crunch in un lasso di tempo, quanto tempo in bici quanto a piedi per coprire una distanza: quanto dannato tempo trascorso su una sedia ad accumulare adipe su adipe sui miei fianchi. Ma il tempo, per converso, misura anche la distanza dal giorno in cui sarò libero di staccarmi dal mio rosso scranno dotato di ruote e manovella, per librarmi in sezioni di tempo (sempre lui, ovunque lui, onnipresente tempo) dedicate al salinico sudore ed alla abnegazione fisica, nella speranza di limare dal mio ventre i chili in eccesso.
Ultimamente, sempre più spesso mi ritrovo a pensare al tempo. Ed è proprio nelle partizioni di tempo in cui tutto volge progressivamente al nuovo, nell’imminenza (non troppo prospiciente) di un cambiamento, che finisco per pensare al tempo…
sabato 20 febbraio 2010
Barbabietole Barbablù e Bratislava
Ho una personale percezione.
Il ricordo di un viaggio, a distanza di mesi, passato per il filtro della memoria, è sempre differente dal suo reale svolgimento. O meglio, non che finisca per travisare fatti ed accadimenti: se sono andato in un preciso luogo ed ho compiuto una specifica sequenza di azioni, tale ne è la memoria, uguale il ricordo. Piuttosto è come se elaborassi il viaggio, attribuendogli significati particolari, associando un “senso” ben lontano da quello che le prime emozioni erano state in grado di comunicarmi. Direte che si tratta di qualcosa di piuttosto normale ed io concordo pienamente: la caterva di sensazioni generata da un viaggio, dalla vista di un nuovo luogo e soprattutto dall’ interazione con un contesto sociale differente, non può che stordire, generare un “tilt” di emozioni, che poco lascia all’analisi (s)ragionata. Detto ciò, assodato che oramai ho un ricordo stereotipato -mi auguro non intriso di pregiudizi, quanto piuttosto riconducibile all’ elaborazione che il mio sentire nel corso del tempo ha pure originato- delle città visitate in passato, una domanda, la vostra, sorgerà spontanea: ed allora? Di cosa stai scrivendo? Tipica prolissa deriva.. Ma no , mia intenzione è piuttosto fare un rapido elenco di quei frammenti di immagini ed avvenimenti che una quattro giorni di scorribande per due contigui stati della mitteleuropa ha deposto sulla superfice della mia memoria: non elucubrazioni di chissà qual valore, solo quel sottile strato di impressioni che pure gli eventi sono in grado di portare in dote, prima che il costrutto della ragione e del ricordo possa prendere il sopravvento (iniziando a comporre, elaborare, conferire in senso e significato).
Lo strudel e l’odore di cannella. La cannella sul cappuccino
Il cornetto con prosciutto e formaggio che sa di sofficino
Le ragazze di Bratislava ed il loro senso del pudore.
I supermercati di Bratislava
La proverbiale diffidenza delle gente di Bratislava
Bratislava così piccola da incontrare sempre la stessa gente
Il silenzio surreale che pervade le strade di Bratislava
I no comment laconici alle fermate
A piedi scalzi nell’ostello: non io, tengo a precisarlo
L’elefante americano e le sue trribili ( non si tratta di un errore, quanto piuttosto ha un valore onomatopeico) puzze
La simpatia spagnola
Vienna ti vorrei conoscere di più. È stato solo un fugace incontro. Perdonami, ma in parte è stata anche colpa tua. Potevi anche essere meno cara
Una 0,50 di ottima birra (scura, dal sapore tostato, schiumosa) a 1,50 euri
Bratislava e le periferie con casermoni retaggio ex unione sovietica
I dubbi circa la sincerità dell’ affetto delle ragazze del posto: l’empire
I consigli di monica?!
Le abuffate di dolci da Tesco
La torta sacher e Vienna
Il terribile bagno kitsch della metropolitana di Vienna: solo una foto sarebbe in grado di testimoniarne il cattivo gusto
Il narghilè alla mela e menta
Sul treno, svegliarsi con le grasse risate delle donnone slovacche al ritorno da una giornata di lavoro da Vienna: chissà di cosa stavano parlando?
Il ragazzo uruguaiano di origini italiane che adesso vive in Svezia ed è fidanzato con una finlandese: sul tram smanaccia pacchi e pacchetti tirati fuori dal suo immenso zaino da viaggio. Prodotti tipici della cucina slovacca, di cui disconosce le modalità di preparazione, ma che si ostina a portarsi indietro da ogni viaggio. Un encomio per la costanza: quanto al confronto son io provinciale!
I caldi caffè dentro i quali rintanarsi quando il freddo intorpidisce
Il mio piumino che decide di porre fine all’uso della cerniera proprio quando i suoi servigi sarebbero più graditi
Io , all’aeroporto, montgomery sotto, piumino rotto sopra
La calzamaglia che ben poco sopperisce al freddo
La vodka lemon, ovvero un bicchiere di vodka ed un limone spremuto
La hoegarden con il limone dentro
La riedler: gassosa e birra. Associazione assai discutibile
Il tram che ci lascia a piedi: nove chiassosi trolley vagano per la periferia di Bratislava, scansando ghiaccio e mucchi di neve
Il vento , il ghiaccio e la neve
Il novantenne (credo) seduto da Mc Donalds che legge il “The Guardian” , bardato con vestimenti in chiaro retaggio ex impero asburgico
Poca voglia di fare le foto: le mani rintuzzate nelle tasche del giubotto, ben riposte negli immancabili guanti.
La crema glydorèe panaceo alle mani gelate
Il ragazzo del lago di garda ed il suo amico barbablù, quest’ultimo proprietario dell’ ipotetico miglior caffè di Bratislava. Il ragazzo del lago e la Bat Cave, presunto ex rifugio anti atomico, adesso riconvertito in club dove si tengono non specificate tranquille serate . Il ragazzo del lago seduto di fronte alla reception del Patio Hostel con lo sguardo fisso nel vuoto. Il viso del ragazzo del lago, la sua capigliatura, il suo essere ci ha innegabilmente turbati. Dubbi, perplessità, inquietudine, ma soprattutto un quesito: Barbablu e Bat Cave esisteranno veramente? Lui, il ragazzo del lago sarà mai stato in questi posti o tali sono solo il frutto della sua immaginazione. E soprattutto sarà riuscito a recuperare i 10 euro della caparra depositata all’ostello, ultima fonte di sussistenza per i giorni a venire. Forza ragazzo del lago, tieni duro.
( Dopo giorni di ricerca siamo almeno riusciti ad accertarci dell’esistenza della bat caverna, in realtà Subclub: Barbablù non pervenuto.)
Il ricordo di un viaggio, a distanza di mesi, passato per il filtro della memoria, è sempre differente dal suo reale svolgimento. O meglio, non che finisca per travisare fatti ed accadimenti: se sono andato in un preciso luogo ed ho compiuto una specifica sequenza di azioni, tale ne è la memoria, uguale il ricordo. Piuttosto è come se elaborassi il viaggio, attribuendogli significati particolari, associando un “senso” ben lontano da quello che le prime emozioni erano state in grado di comunicarmi. Direte che si tratta di qualcosa di piuttosto normale ed io concordo pienamente: la caterva di sensazioni generata da un viaggio, dalla vista di un nuovo luogo e soprattutto dall’ interazione con un contesto sociale differente, non può che stordire, generare un “tilt” di emozioni, che poco lascia all’analisi (s)ragionata. Detto ciò, assodato che oramai ho un ricordo stereotipato -mi auguro non intriso di pregiudizi, quanto piuttosto riconducibile all’ elaborazione che il mio sentire nel corso del tempo ha pure originato- delle città visitate in passato, una domanda, la vostra, sorgerà spontanea: ed allora? Di cosa stai scrivendo? Tipica prolissa deriva.. Ma no , mia intenzione è piuttosto fare un rapido elenco di quei frammenti di immagini ed avvenimenti che una quattro giorni di scorribande per due contigui stati della mitteleuropa ha deposto sulla superfice della mia memoria: non elucubrazioni di chissà qual valore, solo quel sottile strato di impressioni che pure gli eventi sono in grado di portare in dote, prima che il costrutto della ragione e del ricordo possa prendere il sopravvento (iniziando a comporre, elaborare, conferire in senso e significato).
Lo strudel e l’odore di cannella. La cannella sul cappuccino
Il cornetto con prosciutto e formaggio che sa di sofficino
Le ragazze di Bratislava ed il loro senso del pudore.
I supermercati di Bratislava
La proverbiale diffidenza delle gente di Bratislava
Bratislava così piccola da incontrare sempre la stessa gente
Il silenzio surreale che pervade le strade di Bratislava
I no comment laconici alle fermate
A piedi scalzi nell’ostello: non io, tengo a precisarlo
L’elefante americano e le sue trribili ( non si tratta di un errore, quanto piuttosto ha un valore onomatopeico) puzze
La simpatia spagnola
Vienna ti vorrei conoscere di più. È stato solo un fugace incontro. Perdonami, ma in parte è stata anche colpa tua. Potevi anche essere meno cara
Una 0,50 di ottima birra (scura, dal sapore tostato, schiumosa) a 1,50 euri
Bratislava e le periferie con casermoni retaggio ex unione sovietica
I dubbi circa la sincerità dell’ affetto delle ragazze del posto: l’empire
I consigli di monica?!
Le abuffate di dolci da Tesco
La torta sacher e Vienna
Il terribile bagno kitsch della metropolitana di Vienna: solo una foto sarebbe in grado di testimoniarne il cattivo gusto
Il narghilè alla mela e menta
Sul treno, svegliarsi con le grasse risate delle donnone slovacche al ritorno da una giornata di lavoro da Vienna: chissà di cosa stavano parlando?
Il ragazzo uruguaiano di origini italiane che adesso vive in Svezia ed è fidanzato con una finlandese: sul tram smanaccia pacchi e pacchetti tirati fuori dal suo immenso zaino da viaggio. Prodotti tipici della cucina slovacca, di cui disconosce le modalità di preparazione, ma che si ostina a portarsi indietro da ogni viaggio. Un encomio per la costanza: quanto al confronto son io provinciale!
I caldi caffè dentro i quali rintanarsi quando il freddo intorpidisce
Il mio piumino che decide di porre fine all’uso della cerniera proprio quando i suoi servigi sarebbero più graditi
Io , all’aeroporto, montgomery sotto, piumino rotto sopra
La calzamaglia che ben poco sopperisce al freddo
La vodka lemon, ovvero un bicchiere di vodka ed un limone spremuto
La hoegarden con il limone dentro
La riedler: gassosa e birra. Associazione assai discutibile
Il tram che ci lascia a piedi: nove chiassosi trolley vagano per la periferia di Bratislava, scansando ghiaccio e mucchi di neve
Il vento , il ghiaccio e la neve
Il novantenne (credo) seduto da Mc Donalds che legge il “The Guardian” , bardato con vestimenti in chiaro retaggio ex impero asburgico
Poca voglia di fare le foto: le mani rintuzzate nelle tasche del giubotto, ben riposte negli immancabili guanti.
La crema glydorèe panaceo alle mani gelate
Il ragazzo del lago di garda ed il suo amico barbablù, quest’ultimo proprietario dell’ ipotetico miglior caffè di Bratislava. Il ragazzo del lago e la Bat Cave, presunto ex rifugio anti atomico, adesso riconvertito in club dove si tengono non specificate tranquille serate . Il ragazzo del lago seduto di fronte alla reception del Patio Hostel con lo sguardo fisso nel vuoto. Il viso del ragazzo del lago, la sua capigliatura, il suo essere ci ha innegabilmente turbati. Dubbi, perplessità, inquietudine, ma soprattutto un quesito: Barbablu e Bat Cave esisteranno veramente? Lui, il ragazzo del lago sarà mai stato in questi posti o tali sono solo il frutto della sua immaginazione. E soprattutto sarà riuscito a recuperare i 10 euro della caparra depositata all’ostello, ultima fonte di sussistenza per i giorni a venire. Forza ragazzo del lago, tieni duro.
( Dopo giorni di ricerca siamo almeno riusciti ad accertarci dell’esistenza della bat caverna, in realtà Subclub: Barbablù non pervenuto.)
domenica 10 gennaio 2010
Farisei in chiesa
“Se fossi costretto a lasciare il mio paese.
Se la sorte portasse in dote un “lavoro” in Italia. Se per vivere mi toccasse lavorare 18 ore al giorno e se la mia paga fosse 2 euro all’ora. Se il mio datore di lavoro fosse un “caporale” al soldo della n’drangheta. La casa? Una baracca in cartone fango e lamiera, se va bene una fabbrica abbandonata. Se per sfuggire al freddo fossi costretto a respirare i fumi tossici dell’immondizia bruciata.
Se fossi in possesso di un permesso di soggiorno, se tutelato da una protezione internazionale, se anche clandestino. Se facessi un lavoro che nessuno vuol più fare, se i campi e gli aranci fossero ormai la mia sola vita.
Se il sogno di un’esistenza dignitosa fosse solo un tragico rimpianto. Se i pochi soldi a disposizione li spendessi in prostitute e alcool, così per lenire il dolore di una vita infame. Se più volte sono stato pestato dai caporali, se l’anno scorso ho anche denunciato alle forze dell’ordine. Se adesso giovani rampolli delle ‘ndrine mi sparano con un fucile ad aria compressa.
Se la mia reazione è furiosa, se distruggo, incendio, sfascio…”
La solita guerra tra poveri, dove i ministri e le intellighenzie di un paese si “divertono” a cavalcare l’onda elettorale del diamo addosso al nero. Il solito putridume morale di chi si ferma alla superficie dei problemi e non ne traccia la vera essenza.
Forza lavoro al soldo di poteri economici legati e gestiti dalla n’drangheta, manovalanza indispensabile per un business senza scrupoli che viola e calpesta la dignità dell’uomo. Migliaia di “neri” stipati come bestie, all’interno di veri e propri lager: e questo ogni anno, sempre, da circa venti anni, con la cadenza della raccolta degli agrumi nei campi. E la popolazione, la gente, la chiesa, il volontariato che assiste, cerca di dare una mano, per quanto possibile: la convivenza è cercata rincorsa, seppur difficile. Si crea un’emergenza trascurata dallo stato, pressoché ignorata dalla stampa, ma ben gestita da chi di dovere. I pestaggi frequenti, violenti: sono animali ed i caporali come tali li trattano. Loro, i neri pure denunciano, trovano la forza di fare quello che molti calabresi pure non sono in grado, opporsi agli sfruttatori mafiosi. Ed i pestaggi continuano. Fino a quando colpi di fucile ad aria compressa raggiungono gli schiavi neri: autori, giovani leve di illustri “famiglie” del luogo. Monta allora la rabbia, si scatena in modo incontrollato. La gente si organizza e reagisce: pesta, spara, sfascia pure lei. E la n’drangheta da questa parte, a proteggere una popolazione che vede nel potere mafioso l’unica forma di tutela possibile e riconosciuta: non l’antistato, ma piuttosto il vero stato.
La n’drangheta allora fa il bello ed il cattivo tempo. Come un abile burattinaio muove tutte le fila dell’intera vicenda. Gestisce la raccolta degli agrumi, schiavizza immigrati, genera ed alimenta degrado disperazione tensione con la popolazione locale, fa scoppiare una rivolta, la contrasta.
Il tutto, casualità vuole, nel giorno in cui, a Reggio Calabria, i ministri Roberto Maroni ed Angelino Alfano, annunciavano nuove misure contro la 'ndrangheta dopo la bomba esplosa alla Procura generale.
Eppure il messaggio mi sembra piuttosto semplice: qui comanda la n’drangheta, il territorio è nostro. Con noi si tratta, noi teniamo in pugno una regione, disponiamo del controllo dell’economia ( la raccolta degli agrumi-chi la farà senza i neri, si profila un settore in stallo o passato il guazzabuglio di nuovo sotto con le bestie umane?), dell’ordine pubblico, della sicurezza e soprattutto della fiducia della popolazione.
(Un eccesso di tolleranza): farisei in chiesa.
Se la sorte portasse in dote un “lavoro” in Italia. Se per vivere mi toccasse lavorare 18 ore al giorno e se la mia paga fosse 2 euro all’ora. Se il mio datore di lavoro fosse un “caporale” al soldo della n’drangheta. La casa? Una baracca in cartone fango e lamiera, se va bene una fabbrica abbandonata. Se per sfuggire al freddo fossi costretto a respirare i fumi tossici dell’immondizia bruciata.
Se fossi in possesso di un permesso di soggiorno, se tutelato da una protezione internazionale, se anche clandestino. Se facessi un lavoro che nessuno vuol più fare, se i campi e gli aranci fossero ormai la mia sola vita.
Se il sogno di un’esistenza dignitosa fosse solo un tragico rimpianto. Se i pochi soldi a disposizione li spendessi in prostitute e alcool, così per lenire il dolore di una vita infame. Se più volte sono stato pestato dai caporali, se l’anno scorso ho anche denunciato alle forze dell’ordine. Se adesso giovani rampolli delle ‘ndrine mi sparano con un fucile ad aria compressa.
Se la mia reazione è furiosa, se distruggo, incendio, sfascio…”
La solita guerra tra poveri, dove i ministri e le intellighenzie di un paese si “divertono” a cavalcare l’onda elettorale del diamo addosso al nero. Il solito putridume morale di chi si ferma alla superficie dei problemi e non ne traccia la vera essenza.
Forza lavoro al soldo di poteri economici legati e gestiti dalla n’drangheta, manovalanza indispensabile per un business senza scrupoli che viola e calpesta la dignità dell’uomo. Migliaia di “neri” stipati come bestie, all’interno di veri e propri lager: e questo ogni anno, sempre, da circa venti anni, con la cadenza della raccolta degli agrumi nei campi. E la popolazione, la gente, la chiesa, il volontariato che assiste, cerca di dare una mano, per quanto possibile: la convivenza è cercata rincorsa, seppur difficile. Si crea un’emergenza trascurata dallo stato, pressoché ignorata dalla stampa, ma ben gestita da chi di dovere. I pestaggi frequenti, violenti: sono animali ed i caporali come tali li trattano. Loro, i neri pure denunciano, trovano la forza di fare quello che molti calabresi pure non sono in grado, opporsi agli sfruttatori mafiosi. Ed i pestaggi continuano. Fino a quando colpi di fucile ad aria compressa raggiungono gli schiavi neri: autori, giovani leve di illustri “famiglie” del luogo. Monta allora la rabbia, si scatena in modo incontrollato. La gente si organizza e reagisce: pesta, spara, sfascia pure lei. E la n’drangheta da questa parte, a proteggere una popolazione che vede nel potere mafioso l’unica forma di tutela possibile e riconosciuta: non l’antistato, ma piuttosto il vero stato.
La n’drangheta allora fa il bello ed il cattivo tempo. Come un abile burattinaio muove tutte le fila dell’intera vicenda. Gestisce la raccolta degli agrumi, schiavizza immigrati, genera ed alimenta degrado disperazione tensione con la popolazione locale, fa scoppiare una rivolta, la contrasta.
Il tutto, casualità vuole, nel giorno in cui, a Reggio Calabria, i ministri Roberto Maroni ed Angelino Alfano, annunciavano nuove misure contro la 'ndrangheta dopo la bomba esplosa alla Procura generale.
Eppure il messaggio mi sembra piuttosto semplice: qui comanda la n’drangheta, il territorio è nostro. Con noi si tratta, noi teniamo in pugno una regione, disponiamo del controllo dell’economia ( la raccolta degli agrumi-chi la farà senza i neri, si profila un settore in stallo o passato il guazzabuglio di nuovo sotto con le bestie umane?), dell’ordine pubblico, della sicurezza e soprattutto della fiducia della popolazione.
(Un eccesso di tolleranza): farisei in chiesa.
giovedì 19 novembre 2009
Frutti Martorana
Questa mattina mi sono svegliato con i Kings of Convenience nelle orecchie.
Weight of my words…il cielo è ancora plumbeo. Da una settimana nemmeno una traccia di sole, solo nebbia e tanta umidità. In tutta sincerità non mi dispiace più di tanto. Ogni città ha il suo clima abituale, Parma in inverno è cosi punto e basta.
The girl come back from.. faccio colazione e guardo omnibus su La 7, il mio lento risveglio.
I frutti marturana nel piatto, un dolcetto ogni mattina. Che buoni che sono! La pasta reale inventata dalle suore della chiesa della Martorana di Palermo. E le ossa di morto. Non potrei vivere senza i dolci Siciliani. Anche in capo al mondo non poteri rinunciarvi.
Leaning…il latte fresco. Anche questo l’ adoro. Ho imparato a berlo qui a Parma. Mi piace crudo, freschissimo appena munto la mattina. Peccato che quello alla spina di piazzale Santa Croce adesso si debba anche bollire.
Summer on the Weshthill …la televisione finalmete funziona. Abbiamo messo l’antenna. Via il barattolo dello zucchero per la Rai. Via il cacciavite incastrato nella maniglia del frigo per Mediaset. Via l’antennina con il magnete sotto.
I Kings of Convenience nelle mie orecchie…
Little kids playing in the park downtown...
Someone's dad is watching from the side of the playground.
I'm following my shadow so I cross the street.
Car passing stereo I like the beat.
Open up the door, turning on the fan.
Dropping down the keys that I held in my hand,
and then start waiting for her steps
to be heard in the staircase,
enter the room and let down her bag.
Asking me all kinds of trivial questions,
pretending an everyday life we don't have.
Little kids playing in the park downtown.
Soon they'll be all gone as the sun goes down.
Little kids playing in the park downtown. Soon they'll be all gone as the sun goes down.
And rises over, Brooklyn Bridge tomorrow,
hours later I will follow,
wake up to a life that's hollow without love
Weight of my words…il cielo è ancora plumbeo. Da una settimana nemmeno una traccia di sole, solo nebbia e tanta umidità. In tutta sincerità non mi dispiace più di tanto. Ogni città ha il suo clima abituale, Parma in inverno è cosi punto e basta.
The girl come back from.. faccio colazione e guardo omnibus su La 7, il mio lento risveglio.
I frutti marturana nel piatto, un dolcetto ogni mattina. Che buoni che sono! La pasta reale inventata dalle suore della chiesa della Martorana di Palermo. E le ossa di morto. Non potrei vivere senza i dolci Siciliani. Anche in capo al mondo non poteri rinunciarvi.
Leaning…il latte fresco. Anche questo l’ adoro. Ho imparato a berlo qui a Parma. Mi piace crudo, freschissimo appena munto la mattina. Peccato che quello alla spina di piazzale Santa Croce adesso si debba anche bollire.
Summer on the Weshthill …la televisione finalmete funziona. Abbiamo messo l’antenna. Via il barattolo dello zucchero per la Rai. Via il cacciavite incastrato nella maniglia del frigo per Mediaset. Via l’antennina con il magnete sotto.
I Kings of Convenience nelle mie orecchie…
Little kids playing in the park downtown...
Someone's dad is watching from the side of the playground.
I'm following my shadow so I cross the street.
Car passing stereo I like the beat.
Open up the door, turning on the fan.
Dropping down the keys that I held in my hand,
and then start waiting for her steps
to be heard in the staircase,
enter the room and let down her bag.
Asking me all kinds of trivial questions,
pretending an everyday life we don't have.
Little kids playing in the park downtown.
Soon they'll be all gone as the sun goes down.
Little kids playing in the park downtown. Soon they'll be all gone as the sun goes down.
And rises over, Brooklyn Bridge tomorrow,
hours later I will follow,
wake up to a life that's hollow without love
martedì 10 novembre 2009
Frammenti 1
In uno sbiadito albeggiare di novembre,
seduto su una scomoda poltrona del terminal partenze dell’aeroporto di Palermo, nell’attesa dell’imbarco...
"...Una notte di giugno caddi,
come una lucciola sotto un gran pino solitario,
in una campagna d'olivi saraceni
affacciata agli orli d' un altipiano
di argille azzurre sul mare africano...”
Luigi Pirandello. Frammento di autobiografia.
“… le belle sere di estate che salivano adagio adagio come la nebbia, il buon odore del fieno in cui si affondavano i gomiti, e il ronzìo malinconico degli insetti della sera, e quelle due note dello zufolo di Jeli..”
Giovanni Verga: Jeli il pastore.
seduto su una scomoda poltrona del terminal partenze dell’aeroporto di Palermo, nell’attesa dell’imbarco...
"...Una notte di giugno caddi,
come una lucciola sotto un gran pino solitario,
in una campagna d'olivi saraceni
affacciata agli orli d' un altipiano
di argille azzurre sul mare africano...”
Luigi Pirandello. Frammento di autobiografia.
“… le belle sere di estate che salivano adagio adagio come la nebbia, il buon odore del fieno in cui si affondavano i gomiti, e il ronzìo malinconico degli insetti della sera, e quelle due note dello zufolo di Jeli..”
Giovanni Verga: Jeli il pastore.
Iscriviti a:
Post (Atom)