“E’ solo rendendo la cultura libera che il potere di fatti riesce a controllare la società, o meglio, evita l’insorgere di dissidi che da latenti possono diventare dirompenti.
La cultura allora funge da cuscinetto, in grado di assorbire le tensioni sociali, incanalandole entro i crismi della creatività.
Ed è per questo che il potere dovrebbe finanziare la crescita della cultura e delle arti, esortando alla sperimentazione, fornendo tutta la libertà di cui necessitano. Così avviene nelle democrazie più evolute, in tal modo assicurando una stabilità agli assetti sociali, fonte di ulteriore crescita e benessere per la collettività intera.
Laddove uno stato non raggiunga un’ analoga consapevolezza, allora opera con il rozzo strumento della censura.”
Spunti tratti da una “chiacchierata” con una direttrice di teatro.
p.s: parole assolutamente controverse, direi spregiudicate, ma che di certo non si può affermare non incitino alla riflessione…
mercoledì 21 ottobre 2009
lunedì 12 ottobre 2009
Milano
Milano. Ore 5.00 circa di una domenica mattina.
Chi ritorna dalla “serata”, chi invece va al lavoro. Facce pallide ed emaciate, la veloce cadenza delle lingue sudamericane, mani che afferrano fiacche buste di plastica attorcigliate a non so cosa.
Operaio palermitano da 4 anni a Milano. Ha girato per tutto il nord.
Qualche mese, poco meno di un anno alla pensione.
Aspettiamo alla fermata del 90, chiede quando passerà. Giusto il necessario per sincerarci della reciproca sicilianità.
Deve raggiungere i colleghi a piazzale Loreto e poi partire per Torino.
Saliamo assieme sull’autobus, si siede davanti a me: facciamo lo stesso tragitto. Va a montare le luci in un concerto di Gigi d’Alessio. Ritornerà la sera, per sole 4 ore di lavoro. Un paio di figlio di puttana a Gigi d’Alessio e via: la tradizionale preferenza che il palermitano di “borgata” nutre nei confronti dei neo melodici, non serve a salvare il povero Gigi dalle sue ire.
È insofferente a questa vita, al Nord. Ha voglia di tornare giù, andare a pescare ed abbracciare i nipoti. L’extra-comunitario che si accontenta di 2euro all’ora, gli fotte il lavoro. Sono loro il male dell’Italia che ti fanno lavorare per niente. I giovani invece sono senza esperienza ed anche loro gli fottono il lavoro. E poi se lo licenziano, a lui, a 57 anni chi lo riassume.
Guerra tra poveri. E le mie stupide vanità ben presto svaniscono.
Si è alzato alle 4 e ritornerà la sera alle nove. Un panino, una coca cola ed un pacco di sigarette , “picca picciuli pi na iurnata di travagghiu”.
Il viaggio in treno ormai lo logora ed il treno non sempre può permetterselo. Forse riesce a scendere dopo sei mesi, per il battesimo del nipote.
Apre la bocca, mi fa vedere i denti. Quelli che gli restano. Un incidente glieli ha strappati via quasi tutti, consegnandogli, invece, un paio di mesi di coma e 70 mila euro che l’avvocato insiste a fargli rifiutare. “120, 150 mila ammeci mi nanna dari…”
Le porte del bus che aprendosi singhiozzano uno stridulo lamento, le luci al neon bluastre, una mattinata insolitamente calda, la stanchezza che fiacca le gambe, l’unto vetro del finestrino a cui appoggio la mano, fissando un viso duro, spesso, rigato, come percorso dai segni della vita.
Chi ritorna dalla “serata”, chi invece va al lavoro. Facce pallide ed emaciate, la veloce cadenza delle lingue sudamericane, mani che afferrano fiacche buste di plastica attorcigliate a non so cosa.
Operaio palermitano da 4 anni a Milano. Ha girato per tutto il nord.
Qualche mese, poco meno di un anno alla pensione.
Aspettiamo alla fermata del 90, chiede quando passerà. Giusto il necessario per sincerarci della reciproca sicilianità.
Deve raggiungere i colleghi a piazzale Loreto e poi partire per Torino.
Saliamo assieme sull’autobus, si siede davanti a me: facciamo lo stesso tragitto. Va a montare le luci in un concerto di Gigi d’Alessio. Ritornerà la sera, per sole 4 ore di lavoro. Un paio di figlio di puttana a Gigi d’Alessio e via: la tradizionale preferenza che il palermitano di “borgata” nutre nei confronti dei neo melodici, non serve a salvare il povero Gigi dalle sue ire.
È insofferente a questa vita, al Nord. Ha voglia di tornare giù, andare a pescare ed abbracciare i nipoti. L’extra-comunitario che si accontenta di 2euro all’ora, gli fotte il lavoro. Sono loro il male dell’Italia che ti fanno lavorare per niente. I giovani invece sono senza esperienza ed anche loro gli fottono il lavoro. E poi se lo licenziano, a lui, a 57 anni chi lo riassume.
Guerra tra poveri. E le mie stupide vanità ben presto svaniscono.
Si è alzato alle 4 e ritornerà la sera alle nove. Un panino, una coca cola ed un pacco di sigarette , “picca picciuli pi na iurnata di travagghiu”.
Il viaggio in treno ormai lo logora ed il treno non sempre può permetterselo. Forse riesce a scendere dopo sei mesi, per il battesimo del nipote.
Apre la bocca, mi fa vedere i denti. Quelli che gli restano. Un incidente glieli ha strappati via quasi tutti, consegnandogli, invece, un paio di mesi di coma e 70 mila euro che l’avvocato insiste a fargli rifiutare. “120, 150 mila ammeci mi nanna dari…”
Le porte del bus che aprendosi singhiozzano uno stridulo lamento, le luci al neon bluastre, una mattinata insolitamente calda, la stanchezza che fiacca le gambe, l’unto vetro del finestrino a cui appoggio la mano, fissando un viso duro, spesso, rigato, come percorso dai segni della vita.
venerdì 9 ottobre 2009
Tac...
Nelle calde serate dell’estate siciliana, finisci sempre per parlare di qualcosa.
Il vento di tramontana che comincia a pizzicare le spalle dopo un certo orario, una birra fredda sulla quale poter tracciare segni stisciando il dito sulla condensa, gli amici di sempre.
Parli senza guardare l’orologio, senza orari, l’immancabile “minchia” ed il metallico bordello di un motorino montato .
Talvolta il pensiero, anche a distanza di mesi, riporta a questi momenti .
Succede allora che qualche migliaio di chimoletri più lontano, finisci per ricordare cenni, frammenti, frasi di quelle discussioni, perfino l’umidità che ti bagna le braccia scoperte e l’occhio che cade sulla natica della cameriera.
Non comandi la memoria, non di certo.
Senza nessuna apparente motivazione, senza nessun collegamento, in fila al supermercato, davanti al cesso con la spugnetta in mano per pulire, mentre fissi una slyde in un’aula da lezione o una cotoletta che in una padella rapidamente si abbrustolisce, allora tac…
Il vento di tramontana che comincia a pizzicare le spalle dopo un certo orario, una birra fredda sulla quale poter tracciare segni stisciando il dito sulla condensa, gli amici di sempre.
Parli senza guardare l’orologio, senza orari, l’immancabile “minchia” ed il metallico bordello di un motorino montato .
Talvolta il pensiero, anche a distanza di mesi, riporta a questi momenti .
Succede allora che qualche migliaio di chimoletri più lontano, finisci per ricordare cenni, frammenti, frasi di quelle discussioni, perfino l’umidità che ti bagna le braccia scoperte e l’occhio che cade sulla natica della cameriera.
Non comandi la memoria, non di certo.
Senza nessuna apparente motivazione, senza nessun collegamento, in fila al supermercato, davanti al cesso con la spugnetta in mano per pulire, mentre fissi una slyde in un’aula da lezione o una cotoletta che in una padella rapidamente si abbrustolisce, allora tac…
martedì 6 ottobre 2009
Incipit: incazzature ed intenzioni.
Avevo intenzione di (auto) celebrare le mie prime due settimane di Facebook (che tanto ho criticato e che per molti versi ancora continuo a detestare), con un piccolo pensiero, una sorta di riflusso di lirismo, che voleva altresì essere anche l'atto inaugurale del mio "differente" uso di fb: quel blog che da tanto mi ripropongo di realizzare.
Chi mi conosce, sa che di tanto in tanto la mania “delle quattro righe in sequenza e possibilmente anche secondo compiuto senso”, finisce per colpirmi e di conseguenza sa anche bene perdonarmi. Del resto, direi, non di solo Trade Marketing vive l’uomo e se ogni tanto cerco di sfuggire alla seppure “gradita” incombenza dell’applicazione didattica quotidiana, con qualche riga buttata giù, non credo che mi si possa tacciare di manierismo di sorta.
Ma un articolo di giornale segnalatomi da un amico (che ringrazio) ed appena letto, ha come fatto convergere, come innescato, tutta il sordido fastidio, l’indignazione strisciante che da giorni continuo a tenere sopita, soppressa, facendomi sviare dal mio intento di rappresentazione di un' estemporanea sensazione.
Ma cazzo!!!! Cazzzo!! Sento parlare di “primus super pares”, del fatto che “alla luce delle riforme legislative in atto le posizione del Presidente del Consiglio si sta staccando da quella che era stata disegnata dalle tradizioni liberali” ed ancora in un calderone adesso indistinto ed animoso, vedo pesci morti alla base di un cassonetto dell’immondizia, rifiuti che galleggiano per le vie della quinta città d’Italia, sindaci sfrontati, talk show in cui sembra che la verità abbia sempre due faccie, rigorosamente di destra e sinistra, mai una cognizione convenuta, solo verità parziali e posizioni di parte, fatti alterati e cifre uguali ma di differente interpretazione, secondo quel continuo rimpallarsi che non porta mai a nulla, se non ad una sovra esposizione mediatica quanto mai irritante, in un avvicendarsi di teatrini arte-fatti, facce di plastica e luoghi comuni. Gente che muore ed amministratori locali che si divincolano con perizia circense in quanto mai arzigogolate delucidazioni, non chiamando mai per nome, non identificando con i più propri connotati, quei mali che in parte hanno saputo alimentare: corruzione, voto di scambio, criminalità organizzata, degrado morale, scempio della bellezza e del territorio, depressione economica.
Ed è così che dal desiderio di creare un Blog sperimentai Facebook , finendo per capire quanto l’uno potesse essere d’ausilio all’altro.
(Ma un pensiero di senso compiuto che superi i 420 caratteri proprio no, Facebook non poteva proprio permetterselo?)
Avevo intenzione di (auto) celebrare le mie prime due settimane di Facebook (che tanto ho criticato e che per molti versi ancora continuo a detestare), con un piccolo pensiero, una sorta di riflusso di lirismo, che voleva altresì essere anche l'atto inaugurale del mio "differente" uso di fb: quel blog che da tanto mi ripropongo di realizzare.
Chi mi conosce, sa che di tanto in tanto la mania “delle quattro righe in sequenza e possibilmente anche secondo compiuto senso”, finisce per colpirmi e di conseguenza sa anche bene perdonarmi. Del resto, direi, non di solo Trade Marketing vive l’uomo e se ogni tanto cerco di sfuggire alla seppure “gradita” incombenza dell’applicazione didattica quotidiana, con qualche riga buttata giù, non credo che mi si possa tacciare di manierismo di sorta.
Ma un articolo di giornale segnalatomi da un amico (che ringrazio) ed appena letto, ha come fatto convergere, come innescato, tutta il sordido fastidio, l’indignazione strisciante che da giorni continuo a tenere sopita, soppressa, facendomi sviare dal mio intento di rappresentazione di un' estemporanea sensazione.
Ma cazzo!!!! Cazzzo!! Sento parlare di “primus super pares”, del fatto che “alla luce delle riforme legislative in atto le posizione del Presidente del Consiglio si sta staccando da quella che era stata disegnata dalle tradizioni liberali” ed ancora in un calderone adesso indistinto ed animoso, vedo pesci morti alla base di un cassonetto dell’immondizia, rifiuti che galleggiano per le vie della quinta città d’Italia, sindaci sfrontati, talk show in cui sembra che la verità abbia sempre due faccie, rigorosamente di destra e sinistra, mai una cognizione convenuta, solo verità parziali e posizioni di parte, fatti alterati e cifre uguali ma di differente interpretazione, secondo quel continuo rimpallarsi che non porta mai a nulla, se non ad una sovra esposizione mediatica quanto mai irritante, in un avvicendarsi di teatrini arte-fatti, facce di plastica e luoghi comuni. Gente che muore ed amministratori locali che si divincolano con perizia circense in quanto mai arzigogolate delucidazioni, non chiamando mai per nome, non identificando con i più propri connotati, quei mali che in parte hanno saputo alimentare: corruzione, voto di scambio, criminalità organizzata, degrado morale, scempio della bellezza e del territorio, depressione economica.
Ed è così che dal desiderio di creare un Blog sperimentai Facebook , finendo per capire quanto l’uno potesse essere d’ausilio all’altro.
(Ma un pensiero di senso compiuto che superi i 420 caratteri proprio no, Facebook non poteva proprio permetterselo?)
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