venerdì 18 giugno 2010

Geremia de’ Geremei

Forse non è adeguato argomentare di questioni di tale genere. Forse è meglio solo parlarne. Forse è meglio non parlarne affatto. Non ho mai condiviso quella propensione a riportare su blog, fatti opinioni sentimenti che per loro natura sono strettamente personali: semplicemente ritengo tale attitudine come inopportuna. Non è detto che quanto mi appresto a scrivere rifletta appieno ciò che veramente penso. Magari non penso affatto ciò di cui sto scrivendo. Magari lo penso solo in parte. Magari il mio intento è solo di voler provocare, magari sto anche sbagliando a scriverne. In ogni modo ne sto scrivendo.

Sono certo di non essere l’unico, men che meno il primo e nemmeno l’ultimo, a ritenere che l’uomo abbia una forte componente di male insita in se stesso. Credo che la virtù risieda nel prenderne consapevolezza e nel cercare di limitarne al massimo la portata. Nel più frequente dei casi si cerca semplicemente di fare quello che si può.

Credo che il pensiero e l’azione negativa siano quasi sempre la soluzione maggiormente a portata di mano. Credo che sia più facile dire e fare una cazzata, piuttosto che qualcosa di giusto. Se è possibile essere come Geremia de’ Geremei, se è plausibile agghindare una vita di una così schifosa corte di viscidi orpelli, se la realtà reca in dote un tale campionario di subdole merdate, che siano esaltate da un fluoriclasse di controversa meschinità come cotal soggetto o anche sole rese manifeste a bassa intensità con un coefficiente di abbrutimento assai minore (come del resto avviene in ciascuno di noi)…

Ma allora se è così facile cedere al lato più di fetente della nostra indole. Se la stessa nostra natura è sospetto, indifferenza, malizia, allora…allora un pensiero di una positività pazzesca mi assale. Cazzo! Siamo costantemente alle prese con uno sforzo immane: per fare del bene ci si deve sforzare, dilaniare in mille innocui rivoli il condizionamento negativo della propria indole, rinnegare il proprio essere di perfetto pezzo di merda. Quanto sarebbe scontato fare del bene, quando il bene stesso è fisiologico e naturale! Il bene perderebbe ogni carattere di eccezionalità, sarebbe implicitamente svuotato di tutto il suo valore, della sua bellezza, della sua portata rivoluzionaria. Cosa c’è di più stupefacente nell'uomo, di un atto, di una seria ragionata e meditata di azioni che contrastano con la sua più fisiologia inclinazione di predatore di ogni cosa? Il bene sconvolge, perché presuppone una serie di atti: prendere coscienza del proprio essere ( dunque analisi e consapevolezza di se), quindi rinnegarne la portata e smorzarne le manifestazioni più malsane. Ma soprattutto, a far deflagrare il crogiolo d'insipida umanità che pure ci attornia è l'accettazione di un principio di ordine superiore: il bene è di gran lunga il valore più elevato che l'uomo possa mai riconoscere. Insomma è come dire “Sono una merda, sto pensando come uno stronzo ed agendo come un coglione, ma non lo farò più, lo sarò solo in parte, sempre in misura minore, perchè ho un tarlo ficcato in testa che mi corrode e mi sfianca e mi annichilisce quando non seguo quel principio che pure riconosco: il bene".

Adesso si dovrebbe parecchio dissertare attorno al concetto di bene: purtroppo al momento mi trovo sprovvisto di spirito e sagacia tale da consentirmi uno sforzo di tale portata. Ma un'ultima considerazione, i miei mezzi (e sopratutto vista l'ora tarda, il caffè pomeridiano che ancora mi tiene sveglio) pure me la concedono: credo che nell’uomo ci sia del male, ma anche un forte spirito di miglioramento (di sovente in peggio).



p.s. Ho scritto dopo aver visto “L’amico di famiglia” di Paolo Sorrentino ed aver ascoltato l’album “Neon Golden” dei The Notwist. Non posso che aggiungere un paio di supposizioni: che “L’amico di famiglia”, snobbato dalla critica, sia il miglior film di Sorrentino? Che Sorrentino stesso sia un genio assoluto? Che le stelle attribuite da ondarock agli album non rispecchino appieno le mie preferenze? (Neon Golden certamente merita almeno un 0,5 in più). Che nei periodi che precedono eventi importanti della propria vita, si finisce immancabilmente per essere riflessivi ed introversi?

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