A Dublino ci sono i camioncini del gelato. Mentre dal cielo viene giù la solita schifosa pioggia ad intervalli più o meno regolari, durante cangianti pomeriggi in cui nuvole e sole si divertono a disegnare maculate figure su verdi prati macchiati da merde di pony irlandesi, gelatai depositano strisce di copertone sull’asfalto sfrecciando tra sobborghi pieni di bambini in divisa del Manchester United: palloni ricavati da vecchie carcasse di precedenti gloriosi bulbi sferici di magico cuoio al cui interno ha trovato posto un “super tele”, rimbalzano tra schiere di case con giardino, moquette e porta a vetri. Camioncini del gelato con il loro sempre identico jingle e solo un gusto tra cui poter scegliere: cono gelato con vaniglia e biscotto.
In una Dublino decadente che vede sciamare gruppi di butterati minorenni sfondati da alcol e droghe, ciondolanti in rigorose uniformi Adidas come a segnalarne l’appartenenza a quella corporazione di soggetti pronti a ficcarti una lama in corpo per molto poco, ci sono storie che ti capitano tra le mani, che ti si fiondano nella memoria, che hanno il gusto dolciastro della vaniglia o quello speziato ed esotico del curry, storie che sono fragranze che ti si impregnano nella mente, lasciando in dote un campione di sensazioni ben presto destinate a scemare in un unico indecifrato sbiadito gusto, profumo o sentimento di giorni che furono, appartenuti ad estranei e sottratti in maniera quasi furtiva durante confuse conversazioni.
Il professore di inglese che ha vissuto per tre anni in Argentina e chissà per quanto tempo dove. Una professionale riservatezza che solo a stento riesce a celare tutta la sua irresistibile simpatia.
L’architetto Spagnolo che con il fidanzato decide di fuggire da una Spagna in piena crisi. Irlanda e fra 4 mesi Brasile: li cercheranno lavoro nei grandi business dei mondiali e delle Olimpiadi. Lei odia stirare le camicie, piuttosto preferisce portarle in lavanderia.
Jefferson il Brasiliano. 20 anni, abbandonato il primo anno di università in Brasile, si trasferisce a Dublino dove la mattina studia inglese e vende giornali ai semafori nel pomeriggio. Vive con altri cinque brasiliani e fra pochi giorni si trasferirà in un altro appartamento.
La ragazza tedesca di cui non ricordo il nome. Conturbante lolita, maggiorenne da poco. Insopportabile, ma dalla quale difficilmente riesco a staccare gli occhi di dosso. Suona il piano ed ha il rammarico di non aver imparato la chitarra. Si lamenta del fatto che le sue scarpe abbiano ben presto ceduto sotto l’incedere della pioggia irlandese.
Caroline, canadese di madre francese. Appena accolta a casa. Scossa, tramortita, scioccata a dir poco. Picchiata e derubata dalla precedente coinquilina nonché proprietaria di casa.
Jesus, esuberante sciupa femmine spagnolo che colleziona “bandiere”. Erasmus in una piccola cittadina della Romania al confine con l’Ucraina. Lavora adesso in una società di marketing a Dublino. Si sveglia alle 6 di mattina per andare in palestra: doccia, colazione e poi lavoro.
Signora Irlandese di cui sconosco il nome: in verità credo non me l’abbia proprio detto. Una casa di proprietà in Spagna in cui ritorna durante l’inverno. Ha vissuto in Italia dove ha lavorato per anni nel settore real estate, tra Toscana ed Umbria. Mi aiuta a trovare la fermata dell’autobus. Bellissimo cappotto di lana color ocra, con pelliccia ai baveri del collo. Un accento assai british e tutti i segni di uno charme e di una bellezza che furono.
Papà dell’est europeo con figlia sulle spalle. In un venerdì di insolito sole, passeggia per strada tenendo ben aggrappata al collo una stupenda creatura dai boccoli d’oro. Gli chiedo informazioni: mi risponde, mi accompagna, mi mostra dove.
Colei che scorgo tutte le mattine dalla parete vetrata dell’aula contigua alla mia. Come me, arriva molto presto ed attende l’inizio delle lezioni. Uno sguardo triste, anzi no, discreto. Attraversando il corridoio per arrivare all’uscita del secondo piano, finisco sempre per spiarne il comportamento. Dimostra distacco da quello che gli succede attorno, quasi un senso di inappropriatezza. Chissà quale gusto avrà la sua storia.
In una Dublino decadente che vede sciamare gruppi di butterati minorenni sfondati da alcol e droghe, ciondolanti in rigorose uniformi Adidas come a segnalarne l’appartenenza a quella corporazione di soggetti pronti a ficcarti una lama in corpo per molto poco, ci sono storie che ti capitano tra le mani, che ti si fiondano nella memoria, che hanno il gusto dolciastro della vaniglia o quello speziato ed esotico del curry, storie che sono fragranze che ti si impregnano nella mente, lasciando in dote un campione di sensazioni ben presto destinate a scemare in un unico indecifrato sbiadito gusto, profumo o sentimento di giorni che furono, appartenuti ad estranei e sottratti in maniera quasi furtiva durante confuse conversazioni.
Il professore di inglese che ha vissuto per tre anni in Argentina e chissà per quanto tempo dove. Una professionale riservatezza che solo a stento riesce a celare tutta la sua irresistibile simpatia.
L’architetto Spagnolo che con il fidanzato decide di fuggire da una Spagna in piena crisi. Irlanda e fra 4 mesi Brasile: li cercheranno lavoro nei grandi business dei mondiali e delle Olimpiadi. Lei odia stirare le camicie, piuttosto preferisce portarle in lavanderia.
Jefferson il Brasiliano. 20 anni, abbandonato il primo anno di università in Brasile, si trasferisce a Dublino dove la mattina studia inglese e vende giornali ai semafori nel pomeriggio. Vive con altri cinque brasiliani e fra pochi giorni si trasferirà in un altro appartamento.
La ragazza tedesca di cui non ricordo il nome. Conturbante lolita, maggiorenne da poco. Insopportabile, ma dalla quale difficilmente riesco a staccare gli occhi di dosso. Suona il piano ed ha il rammarico di non aver imparato la chitarra. Si lamenta del fatto che le sue scarpe abbiano ben presto ceduto sotto l’incedere della pioggia irlandese.
Caroline, canadese di madre francese. Appena accolta a casa. Scossa, tramortita, scioccata a dir poco. Picchiata e derubata dalla precedente coinquilina nonché proprietaria di casa.
Jesus, esuberante sciupa femmine spagnolo che colleziona “bandiere”. Erasmus in una piccola cittadina della Romania al confine con l’Ucraina. Lavora adesso in una società di marketing a Dublino. Si sveglia alle 6 di mattina per andare in palestra: doccia, colazione e poi lavoro.
Signora Irlandese di cui sconosco il nome: in verità credo non me l’abbia proprio detto. Una casa di proprietà in Spagna in cui ritorna durante l’inverno. Ha vissuto in Italia dove ha lavorato per anni nel settore real estate, tra Toscana ed Umbria. Mi aiuta a trovare la fermata dell’autobus. Bellissimo cappotto di lana color ocra, con pelliccia ai baveri del collo. Un accento assai british e tutti i segni di uno charme e di una bellezza che furono.
Papà dell’est europeo con figlia sulle spalle. In un venerdì di insolito sole, passeggia per strada tenendo ben aggrappata al collo una stupenda creatura dai boccoli d’oro. Gli chiedo informazioni: mi risponde, mi accompagna, mi mostra dove.
Colei che scorgo tutte le mattine dalla parete vetrata dell’aula contigua alla mia. Come me, arriva molto presto ed attende l’inizio delle lezioni. Uno sguardo triste, anzi no, discreto. Attraversando il corridoio per arrivare all’uscita del secondo piano, finisco sempre per spiarne il comportamento. Dimostra distacco da quello che gli succede attorno, quasi un senso di inappropriatezza. Chissà quale gusto avrà la sua storia.